domenica 30 settembre 2012

0 Il Programma del Movimento 5 Stelle: analisi punto per punto per Dummies!


Di seguito allego il programma del Movimento a 5 Stelle. Mettero’ in grassetto i punti piu’ significativi, evidenzio in verde i punti che ritengo condivisibili e di arancione quelli meno condivisibili (in giallo i punti con giudizio cosi’-cosi’). Un apprezzamento al Movimento che comunque ha messo in rete un Programma (seppur non sono quantificati finanziariamente molti provvedimenti). Non me ne abbiano gli elettori dell’M5S per le mie parzialissime critiche: le prendano come uno stimolo. Buona Lettura.

 grilloa 462x300 Il Programma del Movimento 5 Stelle: analisi punto per punto per Dummies!

1. Stato e cittadini
L’organizzazione attuale dello Stato è burocratica, sovradimensionata, costosa, inefficiente.
Il Parlamento non rappresenta più i cittadini che non possono scegliere il candidato, ma solo il simbolo del partito. La Costituzione non è applicata. I partiti si sono sostituiti alla volontà popolare e sottratti al suo controllo e giudizio.
Abolizione delle province
• Accorpamento dei Comuni sotto i 5.000 abitanti
• Abolizione del Lodo Alfano (obiettivo raggiunto)
• Insegnamento della Costituzione ed esame obbligatorio per ogni rappresentante pubblico
Riduzione a due mandati per i parlamentari e per qualunque altra carica pubblica
Eliminazione di ogni privilegio particolare per i parlamentari, tra questi il diritto alla pensione dopo due anni e mezzo
• Divieto per i parlamentari di esercitare un’altra professione durante il mandato
• Stipendio parlamentare allineato alla media degli stipendi nazionali
• Divieto di cumulo delle cariche per i parlamentari (esempio: sindaco e deputato)
Non eleggibilità a cariche pubbliche per i cittadini condannati
• Partecipazione diretta a ogni incontro pubblico da parte dei cittadini via web, come già avviene per Camera e Senato
Abolizione delle Authority e contemporanea introduzione di una vera class action
Referendum sia abrogativi che propositivi senza quorum
• Obbligatorietà della discussione parlamentare e del voto nominale per le leggi di iniziativa popolare
Approvazione di ogni legge subordinata alla effettiva copertura finanziaria
• Leggi rese pubbliche on line almeno tre mesi prima delle loro approvazione per ricevere i commenti dei cittadini.

Commento GPG: il programma sulla Casta e’ di assoluto buon senso. RC ha proposto cose analoghe, e’ s’e’ spinto ben oltre (abolizione senato, eliminazione enti, etc), ma le proposte dell’M5S sono oggettivamente qualitativamente e dimensionalmente ottime. Promossi!

2. Energia
Se venisse applicata rigorosamente la legge 10/91, per riscaldare gli edifici si consumerebbero 14 litri di gasolio, o metri cubi di metano, al metro quadrato calpestabile all’anno. In realtà se ne consumano di più. Dal 2002 la legge tedesca, e più di recente la normativa in vigore nella Provincia di Bolzano, fissano a 7 litri di gasolio, o metri cubi di metano, al metro quadrato calpestabile all’anno il consumo massimo consentito nel riscaldamento ambienti. Meno della metà del consumo medio italiano. Utilizzando l’etichettatura in vigore negli elettrodomestici, nella Provincia di Bolzano questo livello corrisponde alla classe C, mentre alla classe B corrisponde a un consumo non superiore a 5 litri di gasolio, o metri cubi di metano, e alla classe A un consumo non superiore a 3 litri di gasolio, o metri cubi di metano, al metro quadrato all’anno. Nel riscaldamento degli ambienti, una politica energetica finalizzata alla riduzione delle emissioni di CO2, anche per evitare le sanzioni economiche previste dal trattato di Kyoto nei confronti dei Paesi inadempienti, deve articolarsi nei seguenti punti:
Applicazione immediata della normativa, già prevista dalla legge 10/91 e prescritta dalla direttiva europea 76/93, sulla certificazione energetica degli edifici
• Definizione della classe C della provincia di Bolzano come livello massimo di consumi per la concessione delle licenze edilizie relative sia alle nuove costruzioni, sia alle ristrutturazioni di edifici esistenti
Riduzione di almeno il 10 per cento in cinque anni dei consumi energetici del patrimonio edilizio degli enti pubblici, con sanzioni finanziare per gli inadempienti
• Agevolazioni sulle anticipazioni bancarie e semplificazioni normative per i contratti di ristrutturazioni energetiche col metodo esco (energy service company), ovvero effettuate a spese di chi le realizza e ripagate dal risparmio economico che se ne ricava
• Elaborazione di una normativa sul pagamento a consumo dell’energia termica nei condomini, come previsto dalla direttiva europea 76/93, già applicata da altri Paesi europei.
Il rendimento medio delle centrali termoelettriche dell’Enel si attesta intorno al 38%. Lo standard con cui si costruiscono le centrali di nuova generazione, i cicli combinati, è del 55/60%. La co-generazione diffusa di energia elettrica e calore, con utilizzo del calore nel luogo di produzione e trasporto a distanza dell’energia elettrica, consente di utilizzare il potenziale energetico del combustibile fino al 97%. Le inefficienze e gli sprechi attuali nella produzione termoelettrica non sono accettabili né tecnologicamente, né economicamente, né moralmente, sia per gli effetti devastanti sugli ambienti, sia perché accelerano l’esaurimento delle risorse fossili, sia perché comportano un loro accaparramento da parte dei Paesi ricchi a danno dei Paesi poveri. Non è accettabile di per sé togliere il necessario a chi ne ha bisogno, ma se poi si spreca, è inconcepibile. Per accrescere l’offerta di energia elettrica non è necessario costruire nuove centrali, di nessun tipo. La prima cosa da fare è accrescere l’efficienza e ridurre gli sprechi delle centrali esistenti, accrescendo al contempo l’efficienza con cui l’energia prodotta viene utilizzata dalle utenze (lampade, elettrodomestici, condizionatori e macchinari industriali). Solo in seguito, se l’offerta di energia sarà ancora carente, si potrà decidere di costruire nuovi impianti di generazione elettrica. Nella produzione di energia elettrica e termica, una politica energetica finalizzata alla riduzione delle emissioni di CO2 anche accrescendo l’offerta, deve articolarsi nei seguenti punti:
Potenziamento e riduzione dell’impatto ambientale delle centrali termoelettriche esistenti
• Incentivazione della produzione distribuita di energia elettrica con tecnologie che utilizzano le fonti fossili nei modi più efficienti, come la co-generazione diffusa di energia elettrica e calore, a partire dagli edifici più energivori: ospedali, centri com-merciali, industrie con processi che utilizzano calore tecnologico, centri sportivi ecc.
• Estensione della possibilità di riversare in rete e di vendere l’energia elettrica anche agli impianti di micro-cogenerazione di taglia inferiore ai 20 kW
Incentivazione della produzione distribuita di energia elettrica estendendo a tutte le fonti rinnovabili e alla micro-cogenerazione diffusa la normativa del conto energia, vincolandola ai kW riversati in rete nelle ore di punta ed escludendo i chilowattora prodotti nelle ore vuote
• Applicazione rigorosa della normativa prevista dai decreti sui certificati di efficienza energetica, anche in considerazione dell’incentivazione alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili che essi comportano
Eliminazione degli incentivi previsti dal CIP6 alla combustione dei rifiuti in base al loro inserimento, privo di fondamento tecnico-scientifico, tra le fonti rinnovabili
Legalizzazione e incentivazione della produzione di biocombustibili, vincolando all’incremento della sostanza organica nei suoli le produzioni agricole finalizzate a ciò
• Incentivazione della produzione distribuita di energia termica con fonti rinnovabili, in particolare le biomasse vergini, in piccoli impianti finalizzati all’autoconsumo, con un controllo rigoroso del legno proveniente da raccolte differenziate ed esclu-dendo dagli incentivi la distribuzione a distanza del calore per la sua inefficienza e il suo impatto ambientale
Incentivazione della produzione di biogas dalla fermentazione anaerobica dei rifiuti organici.

Commento GPG: il programma sull’energia contiene valutazioni apprezzabili (come gli investimenti nell’efficienza a tutti i livelli, produttivi e di centri di consumo). Meno comprensibile l’ostilita’ alla generazione da combustione dei rifiuti. Non condivisibile l’estensione degli incentivi sulle rinnovabili, gia’ oggi su livelli assurdi e non sostenibile economicamente. Nel programma mancano indicazioni su come ridurre i prezzi dell’energia. Rimandati!

3. Informazione
L’informazione è uno dei fondamenti della democrazia e della sopravvivenza individuale. Se il controllo dell’informazione è concentrato in pochi attori, inevitabilmente si manifestano derive antidemocratiche. Se l’informazione ha come riferimenti i soggetti economici e non il cittadino, gli interessi delle multinazionali e dei gruppi di potere economico prevalgono sugli interessi del singolo. L’informazione quindi è alla base di qualunque altra area di interesse sociale. Il cittadino non informato o disinformato non può decidere, non può scegliere. Assume un ruolo di consumatore e di elettore passivo, escluso dalle scelte che lo riguardano.
Le proposte:
Cittadinanza digitale per nascita, accesso alla rete gratuito per ogni cittadino italiano
Eliminazione dei contributi pubblici per il finanziamento delle testate giornalistiche
Nessun canale televisivo con copertura nazionale può essere posseduto a maggioranza da alcun soggetto privato, l’azionariato deve essere diffuso con proprietà massima del 10%
Le frequenze televisive vanno assegnate attraverso un’asta pubblica ogni cinque anni
• Abolizione della legge del governo D’Alema che richiede un contributo dell’uno per cento sui ricavi agli assegnatari di frequenze televisive
• Nessun quotidiano con copertura nazionale può essere posseduto a maggioranza da alcun soggetto privato, l’azionariato diffuso con proprietà massima del 10%
Abolizione dell’Ordine dei giornalisti
• Vendita ad azionariato diffuso, con proprietà massima del 10%, di due canali televisivi pubblici
Un solo canale televisivo pubblico, senza pubblicità, informativo e culturale,indipendente dai partiti
• Abolizione della legge Gasparri
• Copertura completa dell’ADSL a livello di territorio nazionale
Statalizzazione della dorsale telefonica, con il suo riacquisto a prezzo di costo da Telecom Italia, e l’impegno da parte dello Stato di fornire gli stessi servizi a prezzi competitivi ad ogni operatore telefonico
• Introduzione dei ripetitori Wimax per l’accesso mobile e diffuso alla Rete
• Eliminazione del canone telefonico per l’allacciamento alla rete fissa
• Allineamento immediato delle tariffe di connessione a Internet e telefoniche a quelle europee
• Tetto nazionale massimo del 5% per le società di raccolta pubblicitaria facenti capo a un singolo soggetto economico privato
• Riduzione del tempo di decorrenza della proprietà intellettuale a 20 anni
• Abolizione della legge Urbani sul copyright
• Divieto della partecipazione azionaria da parte delle banche e di enti pubblici o para pubblici a società editoriali
• Depenalizzazione della querela per diffamazione e riconoscimento al querelato dello stesso importo richiesto in caso di non luogo a procedere (importo depositato presso il tribunale in anticipo in via cautelare all’atto della querela)
• Abolizione della legge Pisanu sulla limitazione all’accesso wi fi. (obiettivo raggiunto)

Commento GPG: il programma sull’informazione ha alcuni elementi apprezzabili e perfettamente in linea col programma di RC (abolizione ordini, eliminazione contributi a testate), altri buoni (la RAI pero’ noi la privatizzeremo del tutto), altri interessanti (lo sforzo verso la digitalizzazione) seppur di non chiara copertura; molti provvedimenti pero’ sono onestamente poco condivisibili (statalizzazioni, cittadinanza digitale, imposizioni di limiti azionari impraticabili). Rimandati!

4. Economia
• Introduzione della class action
• Abolizione delle scatole cinesi in Borsa
• Abolizione di cariche multiple da parte di consiglieri di amministrazione nei consigli di società quotate
• Introduzione di strutture di reale rappresentanza dei piccoli azionisti nelle società quotate
Abolizione della legge Biagi
Impedire lo smantellamento delle industrie alimentari e manifatturiere con un prevalente mercato interno
• Vietare gli incroci azionari tra sistema bancario e sistema industriale
• Introdurre la responsabilità degli istituti finanziari sui prodotti proposti con una compartecipazione alle eventuali perdite
• Impedire ai consiglieri di amministrazione di ricoprire alcuna altra carica nella stessa società se questa si è resa responsabile di gravi reati
Impedire l’acquisto prevalente a debito di una società (es. Telecom Italia)
Introduzione di un tetto per gli stipendi del management delle aziende quotate in Borsa e delle aziende con partecipazione rilevante o maggioritaria dello Stato
• Abolizione delle stock option
• Abolizione dei monopoli di fatto, in particolare Telecom Italia, Autostrade, ENI, ENEL, Mediaset, Ferrovie dello Stato
Allineamento delle tariffe di energia, connettività, telefonia, elettricità, trasporti agli altri Paesi europei
Riduzione del debito pubblico con forti interventi sui costi dello Stato con il taglio degli sprechi e con l’introduzione di nuove tecnologie per consentire al cittadino l’accesso alle informazioni e ai servizi senza bisogno di intermediari
• Vietare la nomina di persone condannate in via definitiva (es. Scaroni all’Eni) come amministratori in aziende aventi come azionista lo Stato o quotate in Borsa
• Favorire le produzioni locali
• Sostenere le società no profit
Sussidio di disoccupazione garantito
Disincentivi alle aziende che generano un danno sociale (es. distributori di acqua in bottiglia).

Commento GPG: il programma economico e’ semplicemente disastroso. Dicono cose sacrosante (per dire ridurre il Debito Pubblico riducendo gli sprechi o ridurre i costi dei servizi). Il problema e’ che sostanzialmente non spiegano come fare queste cose, ne’ come finanziare sussidi garantiti di disoccupazione. Male l’abolizione della Legge Biagi. Bocciati!

5. Trasporti
Disincentivo dell’uso dei mezzi privati motorizzati nelle aree urbane
• Sviluppo di reti di piste ciclabili protette estese a tutta l’area urbana ed extra urbana
• Istituzione di spazi condominiali per il parcheggio delle biciclette
• Istituzione dei parcheggi per le biciclette nelle aree urbane
Introduzione di una forte tassazione per l’ingresso nei centri storici di automobili private con un solo occupante a bordo
Potenziamento dei mezzi pubblici a uso collettivo e dei mezzi pubblici a uso individuale (car sharing) con motori elettrici alimentati da reti
• Blocco immediato del Ponte sullo Stretto (obiettivo raggiunto)
• Blocco immediato della Tav in Val di Susa
Proibizione di costruzione di nuovi parcheggi nelle aree urbane
• Sviluppo delle tratte ferroviarie legate al pendolarismo
• Copertura dell’intero Paese con la banda larga
• Incentivazione per le imprese che utilizzano il telelavoro
• Sistema di collegamenti efficienti tra diverse forme di trasporto pubblici
• Incentivazione di strutture di accoglienza per uffici dislocati sul territorio collegati a Internet
Incentivazione dei mercati locali con produzioni provenienti dal territorio
• Corsie riservate per i mezzi pubblici nelle aree urbane
• Piano di mobilità per i disabili obbligatorio a livello comunale.

Commento GPG: il programma sui trasporti prevede sostanzialmente altre tasse e disincentivi sulle auto (settore gia’ massacrato); per il resto ricalca quello proposto da Pecoraro Scanio: sostanzialmente un libro dei sogni. Bocciati!

6. Salute
L’Italia è uno dei pochi Paesi con un sistema sanitario pubblico ad accesso universali. Due fatti però stanno minando alle basi l’universalità e l’omogeneità del Servizio Sanitario Nazionale: la devolution, che affida alle Regioni l’assistenza sanitaria e il suo finanziamento e accentua le differenze territoriali, e la sanità privata che sottrae risorse e talenti al pubblico. Si tende inoltre ad organizzare la Sanità come un’azienda e a far prevalere gli obiettivi economici rispetto a quelli di salute e di qualità dei servizi.
GRATUITÀ DELLE CURE ED EQUITÀ DI ACCESSO
• Garantire l’accesso alle prestazioni essenziali del Servizio Sanitario Nazionale universale e gratuito
Ticket proporzionali al reddito per le prestazioni non essenziali
Monitorare e correggere gli effetti della devolution sull’equità d’accesso alla Sanità
FARMACI
Promuovere l’uso di farmaci generici e fuori brevetto, equivalenti e meno costosi rispetto ai farmaci “di marca” (che in Italia costano spesso di più che all’estero) e più sicuri rispetto ai prodotti di recente approvazione
• Prescrizione medica dei principi attivi invece delle marche delle singole specialità (come avviene ad esempio in Gran Bretagna)
INFORMAZIONE
• Programma di educazione sanitaria indipendente pubblico e permanente sul corretto uso dei farmaci, sui loro rischi e benefici
Politica sanitaria nazionale di tipo culturale per promuovere stili di vita salutari e scelte di consumo consapevoli per sviluppare l’autogestione della salute (operando sui fattori di rischio e di protezione delle malattie) e l’automedicazione semplice
• Informare sulla prevenzione primaria (alimentazione sana, attività fisica, astensione dal fumo) e sui limiti della prevenzione secondaria (screening, diagnosi precoce, medicina predittiva), ridimensionandone la portata, perché spesso risponde a logiche commerciali
Sistema di misurazione della qualità degli interventi negli ospedali (tassi di successo, mortalità, volume dei casi trattati ecc.) di pubblico dominio
MEDICI
Proibire gli incentivi economici agli informatori “SCIENTIFICI” sulle vendite dei farmaci
• Separare le carriere dei medici pubblici e privati, non consentire a un medico che lavora in strutture pubbliche di Operare nel privato
• Incentivazione della permanenza dei medici nel pubblico, legandola al merito con tetti massimi alle tariffe richieste in sede privata
• Criteri di trasparenza e di merito nella promozione dei primari
ORGANIZZAZIONE
Liste di attesa pubbliche e on line
• Istituzione di centri unici di prenotazione on line
• Convenzioni con le strutture private rese pubbliche e on line
• Investire sui consultori familiari
• Limitare l’influenza dei direttori generali nelle ASL e negli ospedali attraverso la reintroduzione dei consigli di amministrazione
LOTTA PER IL DOLORE
• Allineare l’Italia agli altri Paesi europei e alle direttive dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS) nella lotta al dolore. In particolare per l’uso degli oppiacei (morfina e simili)
RICERCA
• Possibilità dell’8 per mille alla ricerca medico-scientifica
• Finanziare la ricerca indipendente attingendo ai fondi destinati alla ricerca militare
• Promuovere e finanziare ricerche sugli effetti sulla salute, in particolare legate alle disuguaglianze sociali e all’inquinamento ambientale dando priorità ai ricercatori indipendenti
• Promuovere la ricerca sulle malattie rare e spesare le cure all’estero in assenza di strutture nazionali
• Introdurre, sulla base delle raccomandazioni dell’OMS, a livello di Governo centrale e regionale, la valutazione dell’impatto sanitario delle politiche pubbliche, in particolare per i settori dei trasporti, dell’urbanistica, dell’ambiente, del lavoro e dell’educazione
AMMINISTRATORI PUBBLICI
Eliminazione degli inceneritori
Introduzione del reato di strage per danni sensibili e diffusi causati dalle politiche locali e nazionali che comportano malattie e decessi nei cittadini nei confronti degli amministratori pubblici (ministri, presidenti di Regione, sindaci, assessori).

Commento GPG: il programma sulla salute contiene alcune proposte di buon senso, ma sostanzialmente non affronta i nodi essenziali che servirebbero per migliorare la qualita’ (passaggio dal modello clinico-assistenziale a quello d’eccellenza e preventivo), ed i costi (interventi su acquisti di beni e servizi; concorrenza tra sistemi sanitari imponendo allineamenti ai best practice). Comunque non me la sento di Bocciarli , visto che alcune proposte sono interessanti. Rimandati!

7. Istruzione
• Abolizione della legge Gelmini
• Diffusione obbligatoria di Internet nelle scuole con l’accesso per gli studenti
Graduale abolizione dei libri di scuola stampati, e quindi la loro gratuità, con l’accessibilità via Internet in formato digitale
• Insegnamento obbligatorio della lingua inglese dall’asilo
• Abolizione del valore legale dei titoli di studio
• Risorse finanziarie dello Stato erogate solo alla scuola pubblica
• Valutazione dei docenti universitari da parte degli studenti
• Insegnamento gratuito della lingua italiana per gli stranieri (obbligatorio in caso di richiesta di cittadinanza)
• Accesso pubblico via Internet alle lezioni universitarie
• Investimenti nella ricerca universitaria
• Insegnamento a distanza via Internet
• Integrazione Università/Aziende
• Sviluppo strutture di accoglienza degli studenti

Commento GPG: il programma sull’istruzione sostanzialmente non affronta i nodi essenziali (meritocrazia, costi per il personale, organizzazione) che su RC abbiamo sviscerato; interessanti alcune proposte. Rimandati!

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giovedì 27 settembre 2012

0 Fino a quando durera’ l’attuale Euro-crisi dei debiti sovrani?


imagesCA2GSH4S Fino a quando durera lattuale Euro crisi dei debiti sovrani?

Fino a quando durera’ l’attuale Euro-crisi dei debiti sovrani?
Questa domanda m’e’ stata rivolta decine di volte da molti amici su  FACEBOOK.

Ripeto qui in modo semplice semplice la questione, che vado ripetendo da 15 mesi: QUESTA CRISI PUO’ AVERE UNA RISOLUZIONE SOLO IN UNA DELLE SEGUENTI 2 IPOTESI ANTITETICHE:
A) L’EUROZONA SI SFASCIA ED OGNI NAZIONE VA PER LA SUA STRADA
B) SI FANNO PASSI SERI E SIGNIFICATIVI VERSO GLI STATI UNITI D’EUROPA
Ogni soluzione intermedia non produra’ niente di niente, se non andare avanti con l’andazzo cui siamo abituati, e di certo non risolvera’ la crisi. Le cartucce della BCE, i salvataggi del FMI, le Manovre dei Governi sono tutte cose perfettamente inutili, perlomeno nell’ottica della risoluzione del problema di fondo (in sintesi hanno effetti sul breve periodo, ma non risolvono il problema).

L’Europa scelse 3 lustri fa di partire con la MONETA il percorso per fare gli Stati Uniti d’Europa, mentre la Moneta dovrebbe essere l’Ultimo tassello, a valle delle armonizzazioni legislative e regolamentari che consentano di contenere le dinamiche differenziali di inflazione e costo del lavoro, di forme politiche centrali efficienti e legittimate, di sistemi fiscali armonizzati, di minimi comuni denominatori culturali, giudiziari e linguistici.

Quindi?
Fino a Settembre 2013 (data delle elezioni tedesche)  non c’e’ la benche’ minima possibilita’ che la Germania acconsenta a socializzare seriamente i Debiti. In parte la cosa e’ in corso, ma la Merkel piu’ in la’ di un certo limite non andra’.
Dopo quella data, sempre che c’arriveremo vivi, la situazione globale sara’ rispetto ad oggi piu’ deteriorata, specie nei paesi deboli e periferici. Il debito complessivo nella UE e negli USA saranno maggiori di oggi, e nel grosso dei paesi la disoccupazione e molti indicatori dell’economia reale saranno peggiori di oggi.
A quel punto l’Europa sara’ piena di “toppe” e vedreme se il futuro governo tedesco vorra’ intraprendere la strata dell’Unita’ anche politica (strada comunque piuttosto lunga e dall’esito non proprio certo) o la via opposta. Il fatto che gli altri facciano o meno i compiti a casa e’ poco rilevante (anche perche’ non puoi fare in 1 anno compiti arretrati che hai accumulato in 20 anni).
Per almeno 1 altro anno preparatevi a vedere un FILM simile a quello che avete visto negli ultimi 2 anni (tra annunci, micro-salvataggi, furbate, etc), sia in economia, che nelle borse, che negli spread, che in tutto il resto. Andremo avanti a zig zig, tra altri e bassi, ballando sui carboni ardenti. Dopo, si vedra’.


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lunedì 24 settembre 2012

0 Rapporto SVIMEZ: nel SUD Italia economia in tracollo – Tutti i dati


In base a stime SVIMEZ, nel 2012 il PIL italiano dovrebbe far registrare una contrazione del 2,5%, quale risultato tra il -2,2% del Centro-Nord e il -3,5% del Sud.
A causare la contrazione dell’attività produttiva il forte calo dei consumi (-2,4% al Centro-Nord, che diventa – 3,8% al Sud) e il vero e proprio crollo degli investimenti: -5,7% al Centro-Nord, più del doppio al Sud, -13,5%, soprattutto nelle costruzioni (-15,5% al Sud).
Da segnalare, a testimonianza della gravità della crisi, che la forte battuta d’arresto viene dai consumi di beni (-5% al Centro-Nord, -5.5% al Sud).
Giù anche i redditi delle famiglie, con valori simili: -0,6% al Centro-Nord, -0,5% al Sud. Tengono le esportazioni: nel 2012, si prevede una crescita dell’1,7% al Sud e dell’1,9% al Centro-Nord, soprattutto verso i Paesi extra Ue.
Nel 2013 secondo le nostre stime il Pil nazionale è previsto a +0,1%, invertendo la tendenza recessiva dell’anno precedente. In questo contesto il PIL del Centro-Nord segna +0,3%, quello del Mezzogiorno -0,2%, riducendo significativamente il differenziale rispetto al 2012. Continua anche nel 2013 il crollo del consumi, che scendono al Sud più del doppio che nell’altra ripartizione: -1,6% contro -0,7%. Anche in questo caso restano decisamente negativi i consumi di beni (-2,9% al Sud a fronte di -0,1% al Centro-Nord). In risalita invece nel 2013 gli investimenti, molto tiepida al Sud (+0,1%), più sostenuta nell’altra ripartizione (+2,2%), con segni decisamente positivi riguardo alle costruzioni. Continuano poi a tenere le esportazioni, +2,1% al Centro-Nord, +1,8% al Sud, ancora una volta per effetto soprattutto degli scambi con i Paesi extra Ue.

slide Rapporto SVIMEZ: nel SUD Italia economia in tracollo   Tutti i dati 

SVIMEZ, SUD A RISCHIO DESERTIFICAZIONE INDUSTRIALE E SEGREGAZIONE OCCUPAZIONALE
La fotografia dell’economia del Mezzogiorno nel Rapporto SVIMEZ 2012

Un Mezzogiorno a rischio desertificazione industriale, dove i consumi non crescono da quattro anni, lavora ufficialmente meno di una giovane donna su quattro e si è a rischio segregazione occupazionale. Mentre un nuovo paradigma per il Sud dovrebbe essere capace di integrare sviluppo industriale, qualità ambientale, riqualificazione urbana e valorizzazione del patrimonio culturale.
Questa la fotografia che emerge dal Rapporto SVIMEZ sull’economia del Mezzogiorno 2011 in presentazione a Roma mercoledì 26 settembre.
Pil e Mezzogiorno - In base a valutazioni SVIMEZ nel 2011 il Pil è aumentato nel Mezzogiorno dello 0,1%, distante dal +0,6% del Centro-Nord.
Non va meglio nel medio periodo: negli ultimi dieci anni, dal 2001 al 2011, il Mezzogiorno è rimasto inchiodato allo 0%, rispetto al + 0,4% del Centro-Nord, a testimonianza del perdurante divario di sviluppo tra le due aree. Marche e Lazio sono state le regioni a crescere di più negli ultimi dieci anni, rispettivamente del +0,6% e del +1,1%, mentre fanalini di coda sono state Piemonte (0% medio annuo) e Umbria (0,1%).
In altri termini, in cinque anni, dal 2007 al 2012, il Pil del Mezzogiorno è crollato del 10%, tornando ai livelli di quindici anni fa, del 1997.
A livello regionale, l’area che nel 2011 ha trainato il Paese è stata il Nord-Est (+1%), seguita dal Nord-Ovest (+0,6%). Il Centro è stato fermo come il Sud a +0,1%. Più in particolare, la forbice oscilla tra il boom della Basilicata (+2%) e la flessione del Molise (-1,1%), che accusa particolarmente la crisi del tessile e dell’abbigliamento. Dopo la Basilicata, che si conquista la palma nazionale di regione virtuosa nella crescita, all’interno del Mezzogiorno, la crescita più alta spetta all’Abruzzo (+1,8%), che consolida e conferma l’incremento dell’anno precedente (+1,7%). Segni positivi anche in Sardegna (+0,9%) e Puglia (+0,5%). In calo invece la Calabria (-0,7%), la Campania (-0,6%), e la Sicilia (-0,2%).
Il crollo dei consumi – Nella crisi, i consumi anche alimentari delle famiglie meridionali sono stati duramente colpiti, arrivando a ridursi nel 2011 del 4,5%, a fronte di una sostanziale stazionarietà nelle regioni del Centro-Nord. Da quattro anni i consumi nel Mezzogiorno non crescono. Il loro livello risulta inferiore in termini reali di oltre 3 miliardi di euro rispetto al valore del 2000.
Il calo reale dei redditi delle famiglie, unito alla flessione dei consumi pubblici e alla perdurante incertezza sulle prospettive del mercato del lavoro, rischia di pregiudicare fortemente anche le prospettive di ripresa della domanda interna nel 2013. Pil per abitante e divari storici – In termini di Pil pro capite, il Mezzogiorno nel 2011 ha confermato lo stesso livello del 57,7% del valore del Centro Nord del 2010. In un decennio il recupero del gap è stato soltanto di un punto e mezzo percentuale, dal 56,1% al 57,7%.
Continuando così ci vorrebbero 400 anni per recuperare lo svantaggio che separa il Sud dal Nord.
In valori assoluti, a livello nazionale, il Pil è stato di 25.944 euro, risultante dalla media tra i 30.262 euro del Centro-Nord e i 17.645 del Mezzogiorno. Nel 2011 la regione più ricca è stata la Valle d’Aosta, con 32.602 euro, seguita da Lombardia (32.538), Trentino Alto Adige (32.288), Emilia Romagna (31.524 euro) e Lazio (30.884 euro). Nel Mezzogiorno la regione con il Pil pro capite più elevato è stata l’Abruzzo (21.980 euro). Seguono la Sardegna (20.080), il Molise (19.748), la Basilicata (18.639 euro), la Sicilia (17.671), la Puglia (17.102) e la Calabria (16.603). La regione più povera è la Campania, con 16.448 euro. Il divario tra la regione più ricca e la più povera è stato nel 2011 di oltre 16mila euro: in altri termini, un valdostano ha prodotto nel 2011 oltre 16mila euro in più di un campano.

IL DESERTO INDUSTRIALE DEL SUD
Il rischio reale è la scomparsa di interi comparti dell’industria italiana nel Sud. Negli ultimo quattro anni, dal 2007 al 2011, l’industria al Sud ha perso 147mila unità (-15,5%), il triplo del Centro-Nord (-5,5%). Giù al Sud anche gli investimenti fissi lordi, -4,9% nel 2011, e -1,3% del resto del Paese.
Lo scenario è quindi quello di una profonda e continua de-industrializzazione, perché le imprese al Sud non riescono a mettere in pratica strategie di internazionalizzazione e delocalizzazione di fasi produttive tali accrescere la competitività del sistema. Situazione ancora più difficile in presenza di un costo del lavoro al Sud decisamente più alto dei competitors europei e asiatici.
In relazione alla competitività del Sud in Europa, secondo una simulazione SVIMEZ contenuta nel Rapporto, un lavoratore rumeno conviene rispetto al meridionale perché pur essendo meno produttivo costa decisamente molto meno. Un lavoratore meridionale nel  2008, insomma, è costato circa 34.334 euro nel Sud, quanto quasi due polacchi (19.738 euro), sette rumeni (5.429) e quasi dieci bulgari (3.813), mentre il divario di produttività vede il lavoratore del Sud soltanto da 2 a 4 volte più produttivo del collega europeo.

EMERGENZA GIOVANI E DONNE: UNA SEGREGAZIONE OCCUPAZIONALE
Dopo un biennio di stagnazione, nel 2011 gli occupati in Italia sono stati 22 milioni 967mila unità, 95mila in più rispetto al 2010, pari allo 0,4% (+0,2% nel Mezzogiorno, + 0,5% nel Centro-Nord). Ma la vera e propria emergenza colpisce i giovani e le donne. In tre anni, dal 2008 al 2011, gli under 34 che hanno perso il lavoro al Sud sono stati 329mila.
Nel 2011 il tasso di occupazione in età 15-64 è stato del 44% nel Mezzogiorno e del 64% nel Centro-Nord. A livello regionale il tasso più alto si registra in Abruzzo (56,8%), il più basso in Campania, dove continua a lavorare meno del 40% della popolazione in età da lavoro. In valori assoluti, crescono gli occupati in Abruzzo (+13.300), Puglia (+11.600), Sardegna (+8.300), Calabria (+3.900) e Basilicata (+2.500). In calo invece in Molise (-1.100), Sicilia (-7.300) e Campania (-16.700).
Nel Mezzogiorno, il tasso di occupazione giovanile per la classe 25-34 anni è giunto nel 2011 ad appena il 47,6%, pari cioè a meno di un giovane su due, a fronte del 75% del Centro-Nord, cioè di 3 impiegati su 4. Situazione drammatica per le giovani donne meridionali, ferme nel 2011, al 24%, pari a mano di una su quattro in età lavorativa, che spinge le stesse di fatto a una segregazione occupazionale rispetto sia ai maschi che alle altre donne italiane.

IL TASSO DI DISOCCUPAZIONE REALE AL SUD E’ DEL 25%
Nel 2010 il tasso di disoccupazione registrato ufficialmente è stato del 13,6 % al Sud e del 6,3% al Centro-Nord, a testimonianza del permanente squilibrio strutturale del nostro mercato del lavoro. Nel Centro-Nord la perdita di posti di lavoro tende a trasformarsi quasi interamente in ricerca di nuovi posti di lavoro; nel Mezzogiorno solo in minima parte diventa effettivamente ricerca di nuova occupazione.
Rispetto all’anno precedente, i disoccupati sono aumentati al Sud (+2%, pari a 19.600 unità), con una crescita addirittura del 18% in Molise (1.900 disoccupati in più) e della Campania (+11,5%, pari a 29.800 nuovi disoccupati). Scendono invece al Centro-Nord di 14.200 unità, pari all’1,2%. In testa alla non invidiabile classifica, la Campania, con un tasso di disoccupazione del 15,5%, seguita dalla Sicilia (14,4%) e dalla Sardegna (13,5%).
Il tasso di disoccupazione ufficiale rileva però una realtà in parte alterata. La zona grigia del mercato del lavoro continua ad ampliarsi per effetto in particolare dei disoccupati impliciti, di coloro cioè che non hanno effettuato azioni di ricerca nei sei mesi precedenti l’indagine. Considerando questa componente, il tasso di disoccupazione effettivo nel Centro-Nord supererebbe la soglia del 10% e al Sud raddoppierebbe, passando nel 2011 al 25,6%

LAVORO NERO: IRREGOLARI QUASI TRE MILIONI
Nel 2011 secondo stime SVIMEZ gli irregolari in Italia arrivano a 2 milioni 900mila unità., di cui 1 milione e 200mila al Sud. Se al Centro-Nord il lavoro nero interessa prevalentemente secondi lavori e stranieri non regolarizzati, al Sud vede invece protagonisti irregolari residenti. A livello di settore, nel 2011 al Sud è irregolare un lavoratore su 4 in agricoltura (25%), il 22% nelle costruzioni, il 14% nell’industria. A livello regionale in valori assoluti si stimano 296mila lavoratori in nero in Sicilia, 253mila in Campania, 227mila in Puglia, 185mila in Calabria, 131mila in Sardegna, 62mila in Abruzzo, 46mila in Basilicata e 23mila in Molise.

CONTINUA A TENERE L’OCCUPAZIONE AGRICOLA
Nel Sud cresce la domanda di lavoro in agricoltura (+2,7%), a fronte di un calo del 6% nel Centro-Nord. Se Sardegna e Sicilia aumentano gli occupati nel settore di oltre l’8%, la Campania perde il 6,7%.
In calo l’industria, che segna al Sud -2,3%. Se l’industria in senso stretto è in ripresa (+0,6%), sono le costruzioni a crollare del -6,2%.
La dinamica dell’occupazione industriale è abbastanza negativa in tutte le regioni del Sud, particolarmente in Campania (17.600 posti di lavoro in meno) e Sicilia (10.000 in meno). Fa eccezione l’Abruzzo, che vede invece una crescita di 11.000 posti di lavoro nel settore.
Tengono invece i servizi, +0,8%, ben più contenuto che nell’altra ripartizione (+0,7%). In valori assoluti, il Sud ha perso nel 2011 32mila unità nel settore industriale. Gli occupati in agricoltura sono cresciuti invece di 10.900 unità, a fronte della perdita di 27mila unità al Centro-Nord.

OLTRE UN MILIONE 350MILA EMIGRATI IN DIECI ANNI
Negli ultimi venti anni sono emigrati dal Sud circa 2,5 milioni di persone, oltre un meridionale su dieci residente al Sud nel 2010. Nel 2010 sono partiti del Mezzogiorno in direzione del Centro-Nord circa 109 mila abitanti. Riguardo alla provenienza, in testa per partenze la Campania, con una partenza su tre (34.100); 23.900 provengono dalla Sicilia, 19.400 dalla Puglia, 14,400 dalla Calabria. In direzione opposta, da Nord a Sud, circa 67mila persone, che rientrano nei luoghi d’origine, soprattutto Campania (17.400), Sicilia (16.400) e Puglia (11.500).
La regione più attrattiva per il Mezzogiorno resta la Lombardia, che ha accolto nel 2010 in media quasi un migrante su quattro, seguita dall’Emilia Romagna. In Abruzzo, Molise e Campania la prima regione di destinazione resta il Lazio.
In dieci anni, dal 2000 al 2010, oltre 1 milione e 350mila persone hanno abbandonato il Mezzogiorno. A livello locale, le perdite più forti si sono registrate a Napoli (-115mila), Palermo (-20mila), Bari (-16mila) e Catania (-11mila). Colpiti anche Torre del Greco (-20mila), Nola (-12mila), Taranto (-14mila) e Aversa (-11.500). Ad attrarre meridionali soprattutto Roma (+73mila), Milano (+57mila), Bologna (+24mila), Parma (+14mila), Modena (+15.700), Reggio Emilia (+13mila), Bergamo (+11mila).

NEL 2011 SEIMILA EMIGRATI PRECARI IN PIU’
Nel 2011 i pendolari di lungo raggio da Sud a Nord sono stati quasi 140mila, seimila in più rispetto al 2010. Interessante notare che a questo aumento del 4,3% corrisponde una crescita del 40% dell’occupazione meridionale. In altre parole, mantenendo la residenza a Sud ma lavorando al Centro-Nord, questi occupati falsano la realtà del lavoro nell’area.
Dei 140mila pendolari meridionali, oltre 130mila sono andati a lavorare al Centro-Nord, i restanti sono partiti per l’estero. Anche qui a fare pendolari con l’estero sono i settentrionali, circa l’89% dei pendolari totali nel 2011.
I pendolari di lunga distanza sono prevalentemente maschi, giovani, single o figli che vivono ancora in famiglia, dipendenti a termine e collaboratori, soprattutto impiegati full-time nel settore industriale. In totale, nel 2011, dei 140mila pendolari meridionali 39mila erano laureati.

SUD, LE MANOVRE PESANO 2,1% DI PIL, 0,8% AL CENTRO-NORD
Le ricette SVIMEZ:“Per evitare il rischio di derive greche servono investimenti, politica industriale e sostegno alla golden rule nel Patto di stabilità”
Le manovre pesano di più al Sud – In un generale contesto di crisi recessiva, le Quattro manovre effettuate nel 2010 e nel 2011 e approvate dal precedente e dall’attuale Governo hanno un impatto complessivo sul Pil più pesante nel Mezzogiorno rispetto al Centro Nord, secondo stime SVIMEZ effettuate su documenti ufficiali di finanza pubblica, compresa la spending revew dello scorso luglio.
L’effetto depressivo sul PIL sarebbe nel 2012 dell’1,1% a livello nazionale, ma assai differente a livello territoriale: 8 decimi di punto nelle regioni centro settentrionali e 2,1 punti percentuali in quelle meridionali. Da segnalare che a pesare sull’impatto delle manovre al Sud è per circa il 75% la caduta degli investimenti, responsabile di un calo del PIL di 1,7 punti percentuali sui complessivi 2,1 punti. Dalle elaborazioni SVIMEZ risulta il forte peso dei tagli operati dal precedente Governo al Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) sulla dinamica degli investimenti al Sud.


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sabato 15 settembre 2012

0 Dazi e Protezionismo: ci conviene? Una risposta serena, realistica e pragmatica


Spesso sentiamo parlare di “irreversibile tracollo dell’Italia produttiva, con Imprese che fuggono verso paesi dell’Est Europa o verso l’Asia o paesi in via di sviluppo”. Si parla di “concorrenza sleale” di certi paesi, o di “comportamenti scorretti” di nostri imprenditori, e di “perdita di posti di lavoro a casa nostra per investire in paesi dove la manodopera e’ pagata poco e le norme ambientali o legislative sono assai poco severe”.
Ciascuno di noi ha acquistato prodotti di marca Italiana ed Europea, col marchio “made in China o Vietnam”.
Tra le soluzioni, spesso si invocano I Dazi o il protezionismo.

introduzione di dazi doganali sulle importazi L p9xAd  Dazi e Protezionismo: ci conviene? Una risposta serena, realistica e pragmatica

La domanda da porsi, senza troppi fronzoli, e’: ma applicare dazi o protezionismo ci conviene?

Per dare una risposta e’ sufficiente dare un’occhio agli scambi commerciali extra-UE tra Gennaio ed Agosto del 2012, e si vede che:
-          L’Italia ha un passivo di 4 miliardi col resto del Mondo (UE esclusa), migliorato di 15 miliardi rispetto al 2011
Questo e’ la combinazione di:
-          Un passivo energetico di ben 42 miliardi (in peggioramento) ed un attivo stratosferico di ben 38 miliardi nella manifattura.
Nella manifattura abbiamo:
-          Un passivo di 11 miliardi verso la Cina, ed un attivo di quasi 50 miliardi verso tutto il resto del mondo

Da questi dati capiamo che:
a)      Qualsiasi politica protezionista o di applicazione di dazi verso paesi extra europei (Cina esclusa) e’ sostanzialmente suicida. Infatti l’Italia ha un’attivo commerciale manifatturiero verso il Mondo (UE e Cina esclusa) che a fine anno tocchera’ gli 80 miliardi, ed e’ tale da compensare l’immenso buco energetico. L’Italia ha passivi verso Russia, Medio Oriente e Nord Africa, legati al fatto che importa enormi quantita’ di petrolio e gas, ma esporta parecchio verso questi paesi: dazi verso questi paesi avrebbero effetti di ritorsione fortemente negativi, per non dire suicidi. L’Italia ha saldi commerciali attivi verso le Americhe, l’Oceania e tutta l’Asia (Cina e Medio Oriente escluse), ed anche in questo caso, dazi significa avere ritorsioni e Danni al nostro export maggiori dei benefici sul mancato Import
b)      L’Unica grande area del mondo verso cui soffriamo di un’enorme passive manifatturiero e’ la Cina. Qui I numeri sono implacabili: il passivo nei primi 8 mesi del 2012 e’ di 11 miliardi negli scambi diretti. In realta’ il passive e’ maggiore, visto che parte delle merci Cinesi vengono importate dai porti Olandesi (l’Italia ha un fortissimo passive verso l’Olanda proprio per questa ragione)

I numeri ci dicono, che l’Italia avrebbe probabilmente dei vantaggi, applicando politiche protezioniste e di Dazi verso la sola Cina, evitando accuratamente tale politica verso il resto del Mondo (da cui dipende energeticamente ed ha anche enormi attivi manifatturieri, nonche’ nei servizi). Il ragionamento fatto per l’Italia potrebbe tranquillamente essere estero all’intera zona Euro, che ha saldi attivi negli scambi verso l’intero resto del mondo, oppure ha saldi passive legati al necessario import energetico.

A questo punto la domanda da porsi e’: L’Italia (e l’Europa) puo’ applicare realisticamente una politica di maggior protezionismo e dazi verso la Cina?

La Cina ha un’enorme attivo verso USA ed Europa per una serie di motivi. Certamente motivo portante e’ la politica di cambi verso il dollaro, che sostanzialmente vede il renmimbi sottovalutato. In Cina, inoltre, vi sono una serie di produzioni manifatturiere a bassissimo costo, che difficilmente potrebbero rientrare in Occidente.
A mio modo di vedere, pragmaticamente parlando, una politica di dazi a tappeto verso la Cina, e’ irrealistica e produrrebbe piu’ danni che vantaggi, anche perche’ la Cina ha nelle sue mani ormai enormi quantitativi di titoli del debito pubblico sovrano di USA e paesi Europei, nonche’ ha un’economia ben integrata col resto del mondo.
La politica migliore e’ quella di insistere, facendo fronte comune e coordinata USA, Europa e resto del Mondo (in fondo tutti hanno lo stesso interesse), su una rivalutazione dello Yuan ed una sua fluttuazione piu’ libera sui mercati. Gli USA insistono da anni sulla questione, con risultati abbastanza modesti. La Cina sa perfettamente che nel tempo cio’ sara’ inevitabile, ma cerca di governare il processo temporalmente, in modo tale che il guadagno competitivo connesso al cambio, permanga anche negli anni a venire. Ovviamente l’inevitabile sviluppo della domanda interna Cinese non e’ un fenomeno di poco conto, e tutto il resto del Mondo, ha interesse a non pestare troppo i calli ai Cinesi, per usufruire un domani di questo export potenziale, nonche’ per partecipare al business tramite le imprese delocalizzate presenti in Cina.
Il discorso dei Dazi, a mio avviso, non e’ conveniente in se’, ne’ realisticamente adottabile a tappeto. Ha comunque senso per l’Italia e l’Occidente, adottare politiche che portino ad applicare severi dazi selettivi nei casi piu’ estremi di concorrenza sleale, pretendendo un minimo di certificazione per i prodotti importati (non ha senso alcuno pretendere su un prodotto made in Europe norme stringenti in tema di proprieta’ intellettuale, correttezza commerciale, ambiente e lavoro, e poi chiudere completamente gli occhi verso i prodotti importati). Cio’ pero’ ha senso, solo se l’Occidente agira’ in modo coordinato, anche con taluni paesi asiatici e dell’emisfero sud, se no la Cina reagira’ con strumentali ritorsioni, che ci faranno comunque del male.

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0 Analisi di Sostenibilita’ dei DEBITI PUBBLICI dell’Italia, Germania, Francia, Spagna, UK, USA e Giappone

Perche’ la Spagna col 7o% di Debito Pubblico e’ sull’orlo del Fallimeno ed il Giappone col 230% paga interessi praticamente pari a ZERO ?
Perche’ l’Italia col 2% di avanzo primario paga il 6% di tassi e gli USA con un Deficit reale dell’11% pagano il 2% ?

Queste domande spesso rimbalzano in rete. Le risposte spesso sono parziali e considerano solo uno o due ragioni di spiegazione, per eventi che invece sono decisamente piu’ complessi.
Di seguito, ho provato, coi miei limiti, a dare ai Lettori, una serie di elementi (ovviamente non tutti) per leggere i Debiti Pubblici dei paesi, alla luce di tutta una serie di altri parametri.
L’analisi e’ tabellare, ma di facile lettura.

In estrema sintesi, il Debito Pubblico di una nazione, va visto guardando anche i seguenti parametri, oltre al PIL ovviamente, che costituisce il denominatore del Debito stesso:

a) I Parametri di Base che ne tracciano l’evoluzione: il Deficit Pubblico e l’avanzo primario. Infatti, una nazione ad elevato Debito, ma con un solido Avanzo Primario e deficit tendente a zero, e’ presumibile che avra’ nel tempo un rientro dell’ammontare del Debito, mentre una nazione a Debito medio, con enorme Deficit, presto accumulera’ un’enorme Debito. Come da tabella sottostante l’Italia e la Germania hanno una situazione nettamente migliore delle altre 5 nazioni analizzate, e generalmente, da questo punto di vista Giappone e USA hanno situazioni peggiori su tale fronte rispetto all’Unione Europea. Curioso che la crisi interessi l’Europa e regali tassi vicini allo zero a nazioni con conti pubblici a deficit galoppanti.

b) I Parametri che definiscono la qualita’ del Debito Pubblico: la quota di debito da rinnovare, la vita media residua dei Titoli e la quota di Titoli in mano a non residenti. Guardando ai dati in tabella ci si rende conto che il Giappone ha un’enorme debito in mano Giapponese e non si preoccupa del fatto che larga parte sia in scadenza (il Giappone puo’ permetterselo, visto l’enorme PNE accumulato in decenni di saldi delle partite correnti positivi, che altro non e’ che risparmio privato eccedente ); gli USA stessi, nel corso degli ultimi 4 anni hanno ridotto fortemente la quota di Debito a stelle e strisce in mano estera (grazie anche a QE mastodontici); preoccupa il grosso quantitativo di Debito Italiano in scadenza, anche se per ora le enormi emissioni hanno visto compratori (specie nelle banche italiane finanziate dalla BCE, come in Spagna tra l’altro); dando un’occhio a questi parametri, ed incrociandoli, si noto l’enorme interdipendenza tra i vari paesi europei, e si intravede l’enorme massa di Titoli USA che stanno innondando i mercati a tassi stracciati.

c) Parametri di Tenuta di Sistema: Debiti privati, esteri e complessivi. Sono parametri importanti, che definiscono l’interdipendenza di un paese (non solo dello Stato, ma anche dei privati) col sistema bancario e con l’estero. Se ben guardate, paesi come Italia e Germania hanno situazioni assai piu’ sotto controllo e meno preoccupanti di Spagna, UK e Francia, che hanno sistemi privati e finanziari decisamente piu’ indebitati (rammentiamo che spesso debiti privati o bancari diventano debiti pubblici). Europa, Giappone ed USA hanno situazioni simili riguardo ai debiti di Famiglie ed imprese industriali, mentre spicca il fatto che le componenti di Debito Estero in Europa sono decisamente maggiori,  a causa della forte interdipendenza debitoria tra nazioni.

d) Parametri di forza del Sistama Paese: Conto Corrente della Bilancia dei Pagamenti e Posizione Netta verso l’Estero. Sono 2 parametri essenziali, e descrivono il nascere di squilibri che possono generare crisi rovinose. Il protarsi di Bilancie dei Pagamenti in attivo o passivo, genera negli anni enormi attivi o passivi della Posizione Netta verso l’Estero di una nazione, e quindi genera la necessita’ di acquisire o prestare enormi quantita’ di denaro da una nazione all’altra. La stessa crisi dell’Euro-Zona, a differenza di quanto si pensi, non e’ stata generata solo dai conti pubblici, ma anche da enormi squilibri nei sistemi privati, e quindi dei PNE, generati dalla svalutazione de-facto della Germania (che deprimendo il costo del lavoro e’ come se avesse di fatto “svalutato”, e quindi s’e’ presa fette intere di Produzione delle altre nazioni Europee, e le ha finanziate con gli enormi surplus accumulati; tali nazioni altro non cercavano che denaro a buon mercato per finanziare la cuccagna e le bolle sono esplose; oggi, gli enormi deflussi di investimenti, di fatto tengono alto il livello della crisi). Un PNE fortemente attivo e’ garanzia per il futuro, ma impone ad una nazione la necessita’ di trovare mercati e settori all’estero ove prestare ed investire; un PNE fortemente negativo, segnala una fortissima dipendenza dall’estero del sistema paese. Dalla tabella si deduce la situazione eccellente di Germania e Giappone (il PNE tedesco e’ comunque stato creato in tali dimensioni proprio nell’era Euro) e quella letteralmente disastrosa della Spagna (che ha PNE analogo a Grecia e Portogallo) che segnala un’economia reale debolissima e stra-indebitata. L’Italia ha un PNE negativo, che e’ 1/4 di quello Spagnolo (ed e’ stato generato integralmente negli anni dell’Euro).

e) Indicatori di sostenibilita’ (S2, FMI, Debito implicito): sono indicatori calcolati da vari soggetti che segnalano in buona sostanza l’andamento del Debito a misure invariate, o la necessita’ di manovre economiche (depressive) per raggiungere un certo obiettivo; sono parametri che considerano la demografia, le spese pensionistiche e quant’altro (vedere definizioni in tabella). Italia e Germania hanno le situazioni maggiormente sostenibili, e tutti gli indicatori sono concordi in cio’. Decisamente preoccupanti le situazioni di Francia, Spagna e UK. Letteralmente disastrose quelle di USA e Giappone, che segnalano che prima o poi qualcosa accadra’ su scala mondiale.

f) Fattori correttivi del Debito Pubblico: qui abbiamo evidenziato la Cassa e le Riserve delle varie nazioni, nonche le Passivita’ certe o probabili. Abbiamo gia’ scritto articoli su cio’ e non mi ci soffermo. Notate la cassa enorme del Giappone (che e’ poi una delle ragioni per cui sostiene un debito immenso), e quelle straordinariamente leggere di Spagna e Francia.

g) Peso delle Amministrazioni Pubbliche: Entrate ed Uscite. Sono parametri importanti, perche’ danno la misura della possibilita’ d’azione dei governi sul fronte di entrate ed uscite. Per dire, la Francia ha oltre il 50% di Entrate fiscali e Spese al 55%, ed e’ ovvio che quando interverra’ dovra’ razionalmente farlo sulla riduzione delle Spese (Hollande pero’ non s’e’ troppo accorto del peso mastodontico dello Stato). Notate bene Spagna, UK ed USA che hanno livelli di Spesa Pubblica al netto degli interessi non troppo diversa dall’Italia e Germania, ma Entrate fiscali fortemente minori (e quindi enormi deficit).

h) Altri indicatori: ho elencato una serie di indicatori e messo valutazioni qualitative. Ce ne sono pure altri (nel sistema bancario per esempio). Sono comunque parametri importanti, e spesso decisivi, che aiutano nella lettura dei Debiti Pubblici. In questi parametri, vedete la situazione spiacevole di Spagna ed Italia e quella migliore di Germania, Giappone ed USA.

analisi1 debito pubblico Analisi di Sostenibilita dei DEBITI PUBBLICI dellItalia, Germania, Francia, Spagna, UK, USA e Giappone


ANALISI DI SOSTENIBILITA’ DEI DEBITI PUBBLICI: LA POSSIBILITA’ DI CRISI DI LIQUIDITA’ A BREVE E MEDIO TERMINE (E DEFAULT) E LA SOSTENIBILITA’ A LUNGO TERMINE. 


Ho voluto fare delle analisi, analizzando fondamentalmente 2 casistiche:

a) La Possibilita’ di una crisi di Liguidita’ e Default sul breve e medio periodo

b) La sostenibilita’ dei Debiti sul Medio e Lungo Termine

Nella tabella troverete i dettagli dei ragionamenti svolti.

Analisi2 debito pubblico Analisi di Sostenibilita dei DEBITI PUBBLICI dellItalia, Germania, Francia, Spagna, UK, USA e Giappone


a) La Possibilita’ di una crisi di Liguidita’ e Default sul breve e medio periodo

I risultati sono quelli noti e che vediamo ogni giorno: Italia e Spagna sono le nazioni a rischio Default piu’ concreto, le altre nazioni europee sono contagiabili, USA e soprattutto Giappone sono abbastanza al riparo da Rischi (i motivi li abbiamo esposti sopra e ribaditi nella tabella).
Per l’Italia giocano a sfavore: l’enorme Debito accumulato, la forte necessita’ di ricorrere ai mercati per piazzare titoli, le classi politiche e dirigenti del paese inaffidabili, ed un livello di tassazione che non consente nel futuro di operare razionalmente su tale fronte per recepire altre riforme.
A mio avviso, comunque, la situazione Spagnola e’ piu’ insidiosa, per una serie di ragioni: il sistema Paese e’ enormemente piu’ debole, e cio’ ha riscontro in un’infinita’ di parametri (debiti sistema privato notevoli, conto corrente della bilancia dei pagamenti cronicamente negativo, PNE con un buco colossale, forza industriale modesta,  deficit pubblico notevole, disoccupazione enorme). La recente manovra di Rajoy, a differenza di quanto ho letto sui media, aveva una componente robusta di nuova tassazione (il 55%) e l’introduzione dell’aumento epocale di ben il 3% dell’IVA a Gennaio creera’ una spinta depressiva ulteriore in una nazione che ha un’economia privata e bancaria in stato decisamente precario.


b) La sostenibilita’ dei Debiti sul Medio e Lungo Termine

I risultati sono fortemente differenti da quelli delle analisi svolte sul breve termine e dalla situazione che oggi e’ riflessa dai mercati.
La Germania e’ la nazione attualmente col Debito pubblico maggiormente sostenibile, ed ancora una volta, la sola minaccia che puo’ avere e’ essere coivolta in un disastro generalizzato dell’Europa, salvando Banche e Nazioni. La Germania ha ampie Riserve, Cassa e dispobibilita’ private, che renderebbero probabilmente possibile alla Germania di sopravvivere anche nel caso peggiore. Appare comunque evidente, che la Germania ha un destino strettamente connesso ai vicini, e che ogni politica volta a rafforzarsi ha come esito l’indebilimento dei vicini, e quindi alla lunga gli si ripequote contro. Il piu’ grosso “buco nero” di fronte alla Germania, a parte il destino dei vicini, e’ l’evoluzione demografica del Paese che e’ la peggiore del mondo.
L’Italia ha una situazione seconda solo alla Germania. Questo non significa che l’Italia evolvera’ in meglio, ma semplicemente che le altre nazioni avranno tendenzialmente situazioni maggiormente degenerative. Il cospiquo Attivo Primario, una certa solidita’ del sistema Paese, la riforma delle Pensioni (Dini-Tremonti-Fornero col sistema contributivo) garantiscono un sistema meno insostenibile di altri, che dovranno intervenire (e di conseguanza vedranno impatti sul PIL in futuro). Il pericolo e’ di perdere ancora una volta il treno, ed evitare di fare una serie di cose necessarie (dismissioni straordinarie, riforme, riduzione spese e tasse, etc). E’ fondamentale per l’Italia preservare l’economia produttiva ed invertire la tendenza sulla bilancia delle partite Correnti e sulla dinamica del PNE.

Le situazioni di Francia ed UK hanno similitudini, e sono preoccupanti. Ambedue queste nazioni hanno conti pubblici e bilancie correnti non sostenibili nel tempo e vivono al di sopra delle loro possibilita’. Saranno necessari correttivi forti, del tutto inutili se la Germania non fara’ politiche che consentano di rinunciare ad una quota del suo mastodondico attivo della bilancia dei pagamenti. La situazione Spagnola, e’ ancora piu’ insostenibile nel Medio-Lungo periodo (ne abbiamo ampiamente discusso e vi invito a leggere i dati in tabella).

Interessanti le situazioni di USA e Giappone, che si troveranno di fronte nel medio-lungo termine a situazioni a mio vedere praticamente senza via d’uscita convenzionali. Le dinamiche dei conti pubblici sono semplicemente insostenibili e porteranno ad inevitabili Default (o a qualcosa che ci assomiglia), visto che le correzioni necessarie per non far degenerare i debiti sarebbero dell’ordine dei 15-20% sul PIL (cosa che provocherebbe un tracollo epocale dello standard di vita e dell’economia di quelle nazioni e del mondo).

Ambedue queste nazioni hanno oggi ARMI efficienti: l’industria manifatturiera ed enormi risparmi in Sol Levante, il controllo della Moneta, della Finanza e Militare gli USA. Sono comunque armi che non sono sufficienti a frenare alcune dinamiche in corso e che abbiamo descitto: i Debiti hanno andamenti incontrollabili nel tempo. Inevitabile una politica a Tassi zero per qualche anno (se no gli interessi che dovrebbero pagare queste nazioni sarebbero insostenibili). Arrivera’ comunque il momento di pagare il conto, e bisognera’ capire chi ed in che misura paghera’, oltre alle popolazioni di USA e Giappone.

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Articolo pubblicato il 4 Settembre e riproposto in reload il 15 settembre su Rischio Calcolato

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venerdì 14 settembre 2012

0 Pareggio di Bilancio Adieu… Scompare dai documenti ufficiali del governo


Signori e Signore, vi informo che il PAREGGIO DI BILANCIO e’ scomparso: nel DEF presentato ieri non c’e’ piu’.
Qui le prove (si sono inventati l’indebitamento netto strutturale, che secondo loro sarebbe l’indebitamento al netto dei cicli….peccato che e’ sempre molto inferiore all’indebitamento….quindi ci sono sempre cicli negativi nel nostro futuro…vabbe’, dai non scherziamo)

 slide Copy 162 Pareggio di Bilancio Adieu... Scompare dai documenti ufficiali del governo
Hanno fatto cadere un governo dietro alla storia dell’anticipo del pareggio di bilancio dal 2014 al 2013, con incremento di spread annesso e movimenti strani nella BCE negli acquisti, e poi….. arrivato il nuovo governo….. sparisce il pareggio di bilancio non solo nel 2013, ma anche negli anni successivi.
monti fantozzi lega Pareggio di Bilancio Adieu... Scompare dai documenti ufficiali del governo

Chiaramente nel Sole 24 Ore di oggi la notizia non c’e', e c’e’ l’usuale propaganda. Ormai e’ carta igienica. Ovviamente la notizia non c’e’ da nessuna parte….. ne’ giornali, ne’ TG, ne’ blog…niente di niente!

schettino Pareggio di Bilancio Adieu... Scompare dai documenti ufficiali del governo 


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mercoledì 12 settembre 2012

0 L’Apocalisse Meridionale: il SUD e’ il problema (ed opportunita’) numero 1 dell’Italia. L’Italia e’ MORTA se non si affronta questa questione.


Ripropongo ai lettori questo fortunato articolo che pubblicai il 31 Maggio 2012, che resta del tutto attuale. Buona Lettura.
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Di recente, sulla rete (su RISCHIO CALCOLATO ma anche su altri BLOG) c’e’ un grosso dibattito  sul FUTURO DELL’ITALIA ed e’ un fiorire di proposte e soluzioni.
Ovviamente, quando “suona la campana a morto”, il dibattito acquista di interesse.
Spesso pero’, le proposte che sono fatte da TUTTI, non inquadrano il PROBLEMA NUMERO 1 che in realta’ ha la nostra nazione: IL MERIDIONE.
Se prendiamo qualsivoglia indicatore economico (PIL, Bilancia commerciale, Occupazione, Valore aggiunto industriale, Residuo fiscale), e lo applichiamo al CENTRO NORD, abbiamo sempre un quadro virtuoso, in linea e talvolta migliore di paesi come la Germania. Perfino I valori di Spesa Pubblica in relazione al PIL in parte di queste aree e’ minore che la media Europea, e la qualita’ di molti servizi non e’ disprezzabile; lo stesso lavoro nero ed evasione, in relazione al valore aggiunto e’ per dire in Lombardia analoga a quella Tedesca. Se facciamo analogo esercizio col SUD, abbiamo un’insieme di indicatori complessivamente peggiori della Grecia, su quasi tutti i fronti.
Il meccanismo in realta’ non regge piu’. Il Centro Nord stacca un’assegno di circa 80-100 miliardi di Euro all’anno al Sud, ed al contempo non si vedono miglioramenti sostanziali del quadro economici in queste aree. Finche’ c’era il bengodi, il meccanismo funzionava, perche’ il sud veniva finanziato non dal Nord, ma di fatto facendo Deficit, e quindi Debito, e quindi facendo pagare il conto alle future generazioni.

slide Copy 67 LApocalisse Meridionale: il SUD e il problema (ed opportunita) numero 1 dellItalia. LItalia e MORTA se non si affronta questa questione.

Poi, a partire dagli anni 80 la pressione fiscal inizio’ ad esplodere, ed a partire dagli anni 90 il Nord fu ingabbiato, dall’euro da una parte e da una pressione fiscale assurda dall’altra, ponendo cosi’ le condizioni del declino dell’intera Italia, che dura da 20 anni.

Qui allego gli studi che avevo fatto all’epoca, con le relative descrizioni.

 2008 maine LApocalisse Meridionale: il SUD e il problema (ed opportunita) numero 1 dellItalia. LItalia e MORTA se non si affronta questa questione.


Ora passiamo ad altri dati, per lo piu’ pubblicati dalla BANCA D’ITALIA:

Date un’occhio qui: come vedete l’evasione ed il lavoro nero sono un problema essenzialmente meridionale (in Lombardia l’evasione e’ analoga a quella stimata in Germania):

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Diamo un’occhiata ai dipendenti pubblici: e’ evidente che al SUD v’e’ un quantitative enorme di dipendenti pubblici in relazione al NORD. Cio’ non toglie, vedendo dale varie tabelle, che questi, pur essendo in maggior numero, producono servizi qualitativamente piu’ scadenti, sia nella scuola, che nella sanita’, che in ogni altro settore.

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Diamo uno sguardo agli investimenti: al SUD sono nei decenni passati maggiori che nel NORD, ma il NORD ha maggiori infrastrutture. In sintesi nel SUD arrivano tanti soldi, ma non si traducono in opera pubbliche, ma in sprechi.

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Appare evidente che, in ultima analisi, il MERIDIONE D’ITALIA si basa su un sistema economico complessivamente PARASSITARIO ED ASSISTENZIALE. Oltre a drenare enormi quantita’ di denari dal Centro-Nord, il SUD li spende in modo completamente improduttivo. Il vero disastro Italiano e’ proprio questo: il Meridione d’Italia e’ inefficiente e de-responsabilizzato. Ovviamente, le prime vittime di cio’, sono proprio I cittadini Meridionali di buona volonta’, ma in ultima analisi, la vittima di questa piaga e’ l’intero paese.

Vediano ora le proposte che spesso vengono dal mondo politico o da economisti o da blog, e vediamole dando un’occhio al MERIDIONE

PROPOSTA NUMERO 1: IL PROBLEMA DELL’ITALIA E’ L’EURO, E LA SOLUZIONE AI PROBLEMI ITALIANI E’ SVALUTARE E RIAPPROPRIARSI DELLA SOVRANITA’ MONETARIA

Questa proposta ha a mio avviso un senso, ed ho scritto articoli a riguardo. Detto questo, che impatti avrebbe sul Mezzogiorno?
A mio modo di vedere modestissimi. Infatti solleciterebbe l’export e la produzione manifatturiera (localizzate al Nord). Anche la bilancia dei pagamenti dei servizi vedrebbe vantaggi localizzati essenzialmente al centro Nord. In estrema sintesi nel Sud, facendo la svalutazione, non cambierebbe assolutamente niente. Resterebbe una voragine negative tanto nel residuo fiscale, quanto nel saldo import export.
Svalutare ed uscire dall’Euro non risolve per niente il problema meridionale. Risolverebbe invece nell’immediato molti problemi nel Nord, ma nel medio-lungo termine, le necessita’ redistributive riporterebbero anche questo al punto di partenza. Senza risolvere il problema della “voragine” meridionale, il Nord va poco in la’.

PROPOSTA NUMERO 2: COLPIRE I RICCHI, I GRANDI PATRIMONI, I GRANDI EVASORI E REDISTRIBUIRE I PROVENTI PER FARE MAGGIORE SOLIDARIETA’ AI PIU’ DEBOLI ED INVESTIMENTI SPECIE AL SUD

La proposta e’ un suicidio. A parte che all’atto pratico affonderebbe ulteriormente la parte produttiva del paese, non si tradurrebbe in altro che maggiore spesa improduttiva in particolare ad Sud.
Questa proposta non risolve per niente il problema meridionale: e’ come dare ad un cocainomane, una dose doppia di coca. Tra l’altro cio’, ammazzerebbe definitivamente il Nord Italia e le classi produttive.
Anche il proporre maggiori investimenti al SUD in Infrastrutture, istruzione o quant’altro, e’ un semplice spreco di denaro, visto che come abbiamo visto l’efficienza degli stessi e’ enormemente inferior rispetto al Nord o al resto d’europa. Di fatto, questi si tradurrebbero in larga parte in spreco.



CONCLUSIONI
Reputo che il problema Meridionale sia il problema numero 1 in Italia.
Il problema e’ semplice in se’, come abbiamo visto: il Meridione ha un’economia completamente non competitiva, basata sull’assistenzialismo improduttivo Statale da un lato, e da un’economia privata del tutto rivolta al mercato interno ed ad altissimo tasso di evasione ed irregolarita’. Il Meridione ha un problema di inefficienza ad ogni livello, che deriva da una deresponsabilizzazione della societa’ ad ogni livello, dalle classi dirigenti che sprecano soldi di chissachi’ per procurarsi consenso, ad una popolazione che ricerca nella protezione statale o nell’economia sommersa, la risoluzione dei propri problemi. Il sistema e’ Feudale, ed in ultima analisi si basa sul concetto “di fottere il prossimo”.
Personalmente, lavorando quasi sempre all’estero, ho avuto modo di vedere, I tantissimi emigrati Italiani di origine meridionale in giro per il mondo, e di appurare che questi generalmente appartengono alle classi medie o medio-alte, ed e’ gente che si da’ da fare e risce in ambienti competitivi ad emergere.. Quindi? Quindi in se’ il problema non sono I Meridionali come singole persone, ma come societa’. La risoluzione del problema sta nell’abbattere questo sistema. Inutile farlo per via giudiziaria, o repressiva, o con interventi statali di ogni tipo.
Si badi bene, che problemi di questo tipo non si risolvono in termini MAI in tempi brevi, ma piuttosto lunghi.

Come fare ad abbattere un sistema basato sul parassitismo? Pretendendo efficienza e responsabilizzando classi dirigenti e popolari.
Come?  Riducendo l’enorme flusso di denaro che dal Nord va al Sud, e pretendendo un output di servizi in linea con gli standard del centro nord. Inoltre, essenziale e’ l’introduzione del Federalismo e della responsabilizzazione a tutti I livelli. Questo e’ il solo modo per rompere “la comunanza di interessi” che hanno oggi tanti cittadini Meridionali. D’altronde l’arrivo degli 80-100 miliardi dal Centro Nord si traduce spesso in posti di Lavoro o pensioni assistenziali fasulle, o sprechi che ingrassano il tessuto economico locale private, ma che indirettamente creano benefici indiretti anche al resto dell’economia locale, che in questo modo e’ spinta a non migliorare o rendersi piu’ efficiente e competitiva. E’ il gatto che si morde la coda.  Pensate che il sistema e’ talmente marcio e cristallizzato, che non si riescono neanche a spendere da anni ed anni I denari dei finanziamenti europei.
Ma tagliare gli sprechi non impatterebbe sul PIL meridionale e favorirebbe l’emigrazione verso Nord?  Certamente si, almeno inizialmente. Un sistema che riduca le Spese Pubbliche improduttive e contestualmente premi le categorie produttive (imprese, lavoratori, etc) con riduzioni di pressione fiscale, darebbe vantaggi immediati al Nord. Cio’, pero’, favorirebbe una trasformazione dell’economia meridionale, e quindi della societa’, visto che il sistema feudale non reggerebbe piu’, e tutti i meccanismi di conservazione, inevitabilmente salterebbero. Dopo un travagliato periodo di transizione, l’economia meridionale, risanata, si rimetterebbe a correre ed ad essere competitiva.
Quanto sostengo qui credo sia l’unica possibilita’ per dare un qualche futuro alle giovanissime generazioni meridionali, ma anche Italiane.
Oltre al federalismo, ed alla forte riduzione dell’essistenzialismo e degli sprechi, reputo essenziale l’introduzione delle gabbie salariali, sia nel pubblico che nel privato, per far attirare imprese.  Lo Stato dovra’ essere inflessibile su un concetto basilare: chi sbaglia, paga; al tempo stesso dovra’ invece premiare le realta’ che migliorano l’efficienza con Investimenti crescenti.
C’e’ una speranza per l’Italia? SI, ma solo se si resolve una volta per tutte il problema Meridionale, e questo si resolve unicamente in modo strutturale, in un processo che creera’ diversi anni di difficolta’, e non mettendoci delle toppe.

GPG Imperatrice
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